lunedì 14 gennaio 2013

I giudici e le sentenze


Travaglio è un diffamatore si o no?
Ingroia e De Magistris è giusto che entrino in politica si o no?
Berlusconi è stato condannato al terzo grado di giudizio si o no?

Sinceramente non mi interessa.

Perché parliamo di quello che decidono i giudici e non di quello che pensiamo noi?
Una delle molte anomalie italiane credo sia proprio questa: la politica deve dar retta a troppi "gruppi" (i.e. Vaticano, Mafia) per essere in grado di prendere decisioni e così per ogni accusa che facciamo a qualcuno ci deve essere un giudice o una sentenza a supportarla. E chi cazzo l'ha detto?!?!?!

Travaglio: è normale sia stato citato per diffamazione, è un giornalista. Qualcuno c'è morto di giornalismo.

Berlusconi: è normale abbia non si sa quanti processi per non si sa quanti reati (l'ultimo addirittura per rapporti sessuali con minorenni, politicamente il meno grave), non è una persona per bene.

Voglio fare degli esempi meno politici e più etici.

Nessuno (causa Vaticano) si prende la briga di fare una legge sull'eutanasia o suicidio assistito, ma deve venire un giudice a dire ai genitori di Eluana Englaro che possono fermare l'alimentazione.
E la cosa peggiore era che tutti i "pro vita" dicevano: e se fosse cosciente? Cazzo se uno fosse cosciente per 17 anni e non avesse possibilità di interazione, ma fosse costretto ad una vita al "buio", sfido chiunque a dire non voglio morire.

Ieri ho letto un articolo nel quale la Cassazione ha detto che anche le coppie di omosessuali sono adatte ad essere genitori. Se volessimo parlare di matrimoni fra omosessuali o adozione di figli da parte di coppie omosessuali, io non ho bisogno della Cassazione, quello di cui io ho bisogno (cittadino medio, essere pensante) è una persona con un titolo di studio adeguato che mi venga a dire: in tale paese le adozioni da parte di coppie omosessuali esistono e negli anni si è riscontrato statisticamente che tali figli non hanno deviazioni mentali o quant'altro. C'è per favore un politico serio che porti fatti invece di ideologie?

Questi esempi mi servono per dire una cosa: io mi sento superiore, non ho bisogno di un giudice per giudicare una persona, anche senza nessun avviso di garanzia o sentenza si sapeva che Berlusconi fosse una persona non onesta, lo sanno tutti, pure quelli che lo votano.

Da qui si capisce perché i giudici cominciano ad entrare in politica, sono gli unici che parlano di fatti, che conoscono i fatti.
Da qui torniamo al problema dell'anomalia italiana: perché i politici hanno smesso di parlare di fatti (i famosi contenuti), di "ricette" per la crescita del paese, di quali riforme vogliono fare e di quali no? Perché si parla solo di ideologie e per parlare dei fatti bisogna tirare in ballo I giudici o le sentenze?

Un'ultima piccola cosina, ma proprio piccolina: un giudice deve sentenziare interpretando una legge, se la legge non è specifica per il caso che sta seguendo; tale legge è fatta dal parlamento. Non so se avete capito il circolo vizioso in cui ci troviamo.

5 commenti:

  1. Per prima cosa la replica di TRavaglio dalla sua pagina FB:
    Cari amici, ovviamente siete liberi di giudicare Servizio Pubblico e tutto ciò che scrivo e dico e faccio come meglio credete. Ma vorrei invitare quanti credono alla maxiballa raccontata da Berlusconi sulla mia assunzione al Giornale nel 1987 su raccomandazione dello scrittore Giovanni Arpino a scrivere le loro porcherie sulle pareti dei cessi pubblici, anziché imbrattare questa pagina.
    Arpino, mio amico, lo incontrai sul treno Torino-Milano il giorno del 1987 che andai a conoscere Montanelli, con cui avevo appuntamento. E fu presente al pranzo che ne seguì con Montanelli e me. Nel pomeriggio Montanelli mi ricevette nel suo ufficio e gli lasciai una busta contenente alcuni miei articoli. Mesi dopo, quando ormai Arpino era molto malato o forse era addirittura già morto (se ne andò nel dicembre del 1987), Montanelli mi telefonò perché aveva ritrovato i miei articoli e gli erano piaciuti: dunque mi chiese di collaborare al Giornale, come collaboratore esterno, senz'alcun contratto, nell'ufficio di corrispondenza di Torino. Fui assunto da Montanelli in persona, contro il parere dell'amministrazione che non voleva allargare gli organici, solo nel 1992, dopo che avevo avuto un'offerta di assunzione da Repubblica. E fui riassunto alla Voce, sempre da Montanelli, nel 1994, quando con lui e una cinquantina di redattori lasciammo il Giornale perché Berlusconi era entrato in politica e pretendeva di trasformare il Giornale di Montanelli in quello che poi è diventato: l'house organ del suo partito. Per fortuna nella mia vita non ho mai avuto bisogno di raccomandazioni per lavorare e sfido chiunque a dimostrare il contrario.
    Segnalo anche agli idioti che credono all'altra balla, quella secondo cui non avrei mai fatto altro che occuparmi di Berlusconi, ragion per cui gli dovrei eterna gratitudine, che il mio primo libro di argomento giudiziario riguardava le tangenti Fiat, infatti mi preclusi così qualsiasi possibilità di lavorare nell'unico giornale della mia città, La Stampa (dove infatti nel 1996 la mia lettera di assunzione, già firmata da Ezio Mauro, passato improvvisamente a Repubblica, fu cestinata dal suo successore Carlo Rossella per la gioia della Fiat).
    Ricordo infine che, a causa delle pressioni del gruppo Berlusconi e della Fiat, persi la collaborazione con il Messaggero, con il Sette del Corriere della Sera e con il Giorno, con cui collaboravo dopo la chiusura della Voce, all'inizio dei miei quattro anni di disoccupazione (tipici del raccomandato). Dopodiché Berlusconi tentò più volte, con denunce, analoghe pressioni e spiate dei servizi segreti, di rovinarmi la carriera, ma anche la vita con cause civili miliardarie (che per fortuna ho sempre vinto e lui ha sempre perso). Ora spero di vincere la causa che gli intenterò per avermi dato del "diffamatore professionale" l'altra sera, pur sapendo che non ho mai riportato alcuna condanna per il reato di diffamazione, diversamente dai suoi servi a mezzo stampa. Chi dunque pensa, e scrive su questa pagina, che io debba tutto a Berlusconi, o mi dà lezioni di antiberlusconismo senz'aver sentito (o capito) quel che gli ho detto l'altra sera a Servizio Pubblico, è vivamente consigliato di trasferirsi in luoghi a lui più consoni: i cessi pubblici, appunto.

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  2. correzione, questo è l'annuncio di querela al povero Sirvio:
    "«Il sottoscritto - scrive Travaglio -, in 30 anni di attività, su 30 libri, 30 mila articoli, centinaia di trasmissioni televisive e online, è stato denunciato circa 300 volte in sede civile e penale. In sede civile ha perso alcune cause, pagando il risarcimento del danno, mai per avere scritto il falso, ma perlopiù per casi di omonimia o per critiche ritenute eccessive o per fatti veri mal compresi dal giudice o mal dimostrati dalla difesa. In sede penale, non ha mai riportato una sola condanna definitiva per il reato di diffamazione».

    La precisazione. «Quella citata da Berlusconi nella letterina scrittagli dal suo staff - prosegue il giornalista - scopiazzando da Wikipedia non è né definitiva né caduta in prescrizione: si tratta di una condanna penale in appello a risarcire Previti con una multa di 1.000 euro (per un articolo pubblicato sull'Espresso e uscito monco a causa di un taglio redazionale), su cui pende il mio ricorso in Cassazione senza che nessuno abbia dichiarato la prescrizione del reato»."

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  3. Paradossalmente Travaglio ha ragione in questo commento. Infatti lui parla:
    1) Dell'assunzione al Giornale, dicendo di non essere stato raccomandato.
    2) Del fatto che secondo Berlusconi sarebbe Travaglio il responsabile del litigio tra Il Nano e Montanelli.
    3) Di non essersi solo occupato di Berlusconi.
    4) Del fatto di essere stato chiamato "Diffamatore professionale".
    Travaglio ha ragione su tutti i 4 punti, e spero che possa vincere la causa col nano.
    Io ho solo detto che un giornalista che ha così tante condanne per errori giornalistici iterati non può essere considerato un Dio, tutto qui. Da domani, per favore, torniamo a parlare di politica, e non di querele.

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  4. Comunque mi pare che la cara Maria sia d'accordo con me: le sentenze non sono dogmi e se anche lo fossero ricordo che pure il papa ogni tanto sbaglia. Il messaggio è che bisogna pensare con la propria testa.

    Per me il "bisogna rispettare le sentenze dei giudici" detto per non esprimere opinioni è di un politically correct molto fastidioso.

    La domanda interessante è di Maria è perché non si parla più di contenuti? Per me è l'anomalia Sirvio, appunto. Come si può parlare di contenuti con un contenitore vuoto? E ribadisco il mio odio verso D'Alema che pensando di fregarlo si è inculato ed ha inculato l'Italia.

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  5. OK, quindi da domani mettiamoceli noi i contenuti :)

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